in kayak con una camera ad ottiche intercambiabili

Dopo aver scelto un’accoppiata corpo macchina + ottica tropicalizzata abbiamo una gran voglia di pagaiare e fotografare… ma ci scontriamo con la realtà pratica della questione. Fateci caso, nessuno in kayak gira con la reflex… e ci sarà un motivo!
Se questo sistema di raccogliere immagini offre delle qualità in più dal lato fotografico è anche vero che toglie molto, anzi moltissimo alla libertà di impiego. Insomma, ci scontriamo coi suoi limiti fisici.
Partiamo da un concetto banale: servono due mani per fare una fotografia con questi strumenti e servono due mani per impugnare la pagaia. Quindi o siete la dea Kali oppure i conti non tornano. Ho tentato una volta di aggirare il problema utilizzando l’Unalaska di CSCanoe; ma difficilmente chi sta seduto nel pozzetto posteriore e pagaia di gran lena è contento di vederci intenti nelle riprese.

Le possibilità sono due, o si gestisce il kayak o si fotografa.
Per questo motivo uso questa strumentazione solo quando le condizioni meteo marine sono più che favorevoli. Bisogna avere la consapevolezza che se la fotocamera finisce in acqua poi è buona solo come fermacarte.
Sarebbe però un peccato rinunciare a fotografare quando il meteo non è del tutto adatto; è proprio li che si portano a casa le immagini migliori. Consiglio quindi di tenersi a portata di mano un sistema di riserva che permetta di raccogliere immagini con una mano sola e che sia resistente ad eventuali immersioni (compatta rugged, action-cam o smartphone nella custodia).

Un grande acquazzone e forti raffiche di vento, in questo caso la reflex è al sicuro nel gavone.
Un cellulare in una custodia è sufficiente per portare comunque a casa qualche ottimo ricordo.

Stivare ed assicurare la fotocamera

la posizione dell’apposita sacca sul ponte anteriore, proprio di fronte al pozzetto.

Come custodia consiglio una sacca stagna apposita dotata di agganci in 4 punti tramite i quali fissarla in coperta proprio davanti al pozzetto; dentro ci sta comodamente una fotocamera APS-C con il 16-50 2.8 ed il paraluce montato in posizione ma se ne trovano anche di dimensionate per corpo macchina + tele. Ho provato anche una valigetta rigida tipo PELI ma l’ho trovata meno pratica in quanto ingombra parecchio. Assicuriamo il tappo copri obiettivo al corpo con un cordino, tenere il paraluce sempre in posizione permette anche di reinfoderare la macchina al volo senza usare il tappo stando tranquilli che nulla andrà a rovinare o sporcare la lente frontale.
Inoltre può essere una buona idea portare sempre con noi anche qualcosa di imbottito per riporre la reflex nei gavoni qualora, dopo una sosta, il meteo peggiorasse. Si può usare una classica fondina a tracolla oppure una ICU (Internal Camera Unit, ovvero una tasca in gommapiuma che si utilizza per il trasporto di attrezzatura fotografica negli zaini da trekking) il tutto ovviamente da inserire in una sacca stagna di dimensioni adeguate.
Inserisco sempre qualche bustina per assorbire eventuale umidità se non addirittura uso la famosa tecnica del riso che trasporto in sacchettini sottovuoto.
In canoa non uso mai la tracolla ma un semplice cordino che dovrei assicurare con un moschettone al PFD mentre fotografo, in realtà raramente lo utilizzo in quanto spesso serve più tempo per fissare il cordino che per lo scatto.

Due considerazioni riguardo al kayak

Per quanto riguarda il kayak sicuramente la scelta dovrà ricadere su qualcosa di stabile e che ci consenta con la massima sicurezza e tranquillità di ruotare il busto di 90° con tra le mani un contrappeso che, a volte, può superare il chilogrammo di peso.
Indipendentemente dalla personale presa di posizione nei confronti del timone c’è da dire che, nelle situazioni in cui si decide di utilizzare la prua del kayak come parte della composizione, è veramente molto molto utile. Ci serve qualche secondo per sistemare la pagaia, aprire la sacca, estrarre la fotocamera, accenderla, impostarne i parametri e scattare; nel frattempo la punta della canoa non sarà più perfettamente allineata come volevamo. Ecco che il timone aiuta molto in questa circostanza. I miei kayak ne sono privi ma quando uso quelli di Gloria lo abbasso sempre prima di estrarre la fotocamera.
Con un gruppo di amici canoisti fotografi abbiamo coniato il concetto di “kayak da fotografia” ed assegnato il titolo all’ ASA KDM520;
stabile, comodo, dai gavoni ampi e con un timone incredibilmente efficace anche con pochissimo abbrivio sembra una barca nata per soddisfare le esigenze dei fotografi.
Ma non è certo l’unico; anche i nostri cari vecchi Prijon Touryak sono veramente adatti a questa attività.

La pulizia della lente

Tenere pulita la lente frontale mentre siamo in navigazione non è per niente facile ed un trucchetto che possiamo usare è semplicemente… non pulirla! Applichiamo un filtro protettivo, quando questo riceverà qualche schizzo lo andremo a sostituire. Teneniamone alcuni di scorta a portata di mano in un contenitore stagno facilmente raggiungibile in navigazione. Una volta sbarcati per una sosta ci occuperemo della pulizia dell’intero set. Solitamente viaggio con 2 filtri UV, che non influenzano l’immagine, ed un polarizzatore circolare che può tornare utile in determinate circostante, specie a noi che fotografiamo in un bagno di riflessi.

Piccoli accorgimenti

E’ inevitabile che ci sia dell’acqua; maneggiando la macchina con le mani bagnate ne depositiamo un po’ sull’impugnatura, oppure si può inzuppare il cordino di sicurezza. Quando riponiamo il tutto nella sacca stagna non è raro che si formi condensa, specie in estate. Durante le soste la prima cosa da fare è estrarre la fotocamera e lasciare la sacca aperta in modo che si arieggi ed asciughi. Assicuriamoci di tenere la fotocamera lontano dall’acqua e dall’umidità (ad esempio non a tracolla se indossiamo vestiti bagnati). Potrebbe essere utile, specie per soste prolungate, riporla nella seconda custodia che abbiamo nel gavone in cui abbiamo inserito un sistema per assorbire l’umidità.

A volte, specie per usi prolungati, uso sigillare con nastro isolante da elettricista tutte le fessure che mi è possibile come ad esempio gli sportelli di SD e batteria oltre che la slitta del flash. Uso il nastro adesivo per fissare anche il paraluce che potrebbe sganciarsi accidentalmente. In realtà l’acqua è più facile che entri da altri punti, come il barilotto scorrevole dell’obiettivo, ma se possiamo dare una protezione extra ad un’apertura vulnerabile perché no!

Una volta rientrati

Sbarcati definitivamente a fine escursione diamo priorità alla cura dell’attrezzatura fotografica: riponiamo fotocamera ed obiettivi all’asciutto in un contenitore con un sistema di assorbimento dell’umidità.
Qualora fossimo al mare, prima di fare questa operazione, è necessario rimuovere la salsedine che è più deleteria dell’acqua dolce.
Senza smontare l’ottica dal corpo passiamo accuratamente il tutto con stracci inumiditi da acqua dolce e poi asciughiamo. In qualche occasione in cui la fotocamera mostrava evidenti depositi di sale l’ho letteralmente lavata sotto ad un rubinetto, ma non è un’operazione che mi sento di consigliare nemmeno al più convinto sostenitore dell’efficacia della tropicalizzazione; in ogni caso devo dire che eviterei di farlo con attrezzatura “vecchia” perché non possiamo conoscere lo stato di usura delle guarnizioni mentre con attrezzatura nuova bisogna sapere che, in caso di tracce di danni da acqua, la garanzia non risponde di eventuali guasti.

Devo aggiungere anche che la mia esperienza è basata su numerosissime uscite in acqua dolce e poche in acqua salata; un uso frequente al mare porterebbe certamente ad un più rapido ed inevitabile degrado generale.

In conclusione

Scegliendo di pagaiare con una macchina fotografica ad ottiche intercambiabili dobbiamo sicuramente fare una valutazione tra i pregi che questa tipologia di apparecchiatura offre ed il rischio che ci assumiamo di correre. Decidere di volta in volta se tenere la fotocamera sul ponte, nel gavone o lasciarla del tutto a casa (mai lasciarla in automobile) è una valutazione che dobbiamo fare mettendo molti aspetti sui piatti della bilancia.
Consideriamo anche un’ultima cosa: posto che eviteremo di far finire il tutto a bagno dobbiamo essere consci che una vita a stretto contatto con umidità e, a maggior ragione, salsedine influenza in maniera negativa l’aspettativa di vita della nostra apparecchiatura. Il nostro corpo macchina e la nostra lente probabilmente non dureranno a lungo quanto al nostro amico che fa still-life… ma preferiamo forse stare chiusi in casa a fotografare cesti di frutta?